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La Russia degli scacchi: tra gioco e strategia politica

Gli scacchi (Шахматы [shakhmaty]) in Russia hanno un passato secolare: secondo lo storico Isaak Linder, comparvero nella Rus’di Kiev non più tardi del IX o X secolo. Probabilmente gli scacchi sono arrivati in Russia direttamente dall’Asia, attraverso le rotte del Mar Caspio e del Volga, teoria parzialmente basata sull’analisi filologica dei nomi russi dei pezzi scacchistici, che sono diversi da quelli utilizzati dalle altre nazioni europee (le quali probabilmente hanno subito l’influenza araba).

Il nome russo per regina, ферзь [ferz’], è molto simile all’originale “ferzin” e sembra importato direttamente dall’ hindi, arabo o persiano. L’alfiere si dice слон ([slon] cioe’ elefante), lo stesso significato di “fil” in hindi, arabo e persiano. Ancora, la parola russa per torre, ладья [lad’ya], è unica nel suo genere e si riferisce al tipo di barca che le tribù slave usavano per navigare i fiumi, il mar Nero e il mar Caspio. Queste barche, simili a quelle scandinave, finirono fuori uso nel XVIII secolo ed oggi la parola “ladya” si usa solo per riferirsi alle storie del passato, o agli scacchi.

Nei secoli successivi gli scacchi si sono velocemente diffusi in tutta la Russia; gli archeologi hanno ritrovato pezzi di scacchi in scavi dell’XI secolo. A Novgorod, una delle più antiche città nel nord della Russia, sono state rinvenute diverse dozzine di scacchiere e pezzi, risalenti ad un periodo compreso tra il XII e il XV secolo.

La popolarità degli scacchi in Russia ha avuto alti e bassi. Per la maggior parte del Medioevo, gli scacchi sono stati proibiti dalla chiesa ortodossa, insieme ai dadi ed altri giochi d’azzardo. La maggior parte dei manoscritti ritrovati parlano infatti degli scacchi in maniera negativa. Le punizioni erano particolarmente severe per i preti, che potevano essere anche scomunicati se scoperti a giocare a scacchi.

Il cambiamento è avvenuto nel XVI secolo, quando gli scacchi hanno trovato un alleato: la famiglia reale. Ivan il terribile infatti, il primo capo di stato russo con il titolo di Zar, era un convinto giocatore di scacchi. È morto mentre sedeva alla scacchiera, stando ai manoscritti dell’epoca che ne hanno narrato la biografia.

Non è quindi un caso che il poeta inglese George Turberville, che ha viaggiato a Mosca nel 1568, era rimasto impressionato dalle qualità scacchistiche dei russi.

I successori al trono di Ivan il Terribile erano altrettanto appassionati di scacchi. Pietro il Grande giocava a scacchi anche durante le campagne militari e fu proprio lui ad introdurre il gioco nei salotti dell’epoca. Ma gli scacchi hanno continuato ad essere popolari anche dopo di lui.

Il primo libro (o meglio brochure) sugli scacchi in russo fu pubblicato a San Pietroburgo nel 1791, alla fine del regno di Caterina la Grande. Era una traduzione del saggio “The Morals of Chess”, scritto da Benjamin Franklin.

Si pensi che uno dei più influenti poeti russi, Alexander Pushkin, nato pochi anni dopo la pubblicazione del primo libro di scacchi in russo, giocava a scacchi, possedeva libri e riviste scacchistiche, ed ha anche incluso una scena scacchistica nel suo famoso poema “Eugene Onegin”, in cui uno dei protagonisti, un giovane poeta di nome Vladimir Lensky, giocava per l’appunto a scacchi con la sua fidanzata, Olga Larina.

Nel 1832 Pushkin scrisse una lettera alla moglie contenente i seguenti passaggi:

«Sono molto contento, cara, che tu stia imparando a giocare a scacchi. È una cosa fondamentale per ogni famiglia. Ti spiegherò il perché più avanti».

Purtroppo, non abbiamo mai saputo come Pushkin pensasse di provare la necessità degli scacchi, il che pone la lettera nella stessa categoria del Fermat’s Last Theorem e le famose parole del genio matematico:

«Ho scoperto una meravigliosa prova di questo teorema, ma qui non ho abbastanza spazio per dimostrarla».

Il XIX secolo vide emergere i primi maestri russi; il più influente tra loro fu Alexander Petrov, meglio conosciuto come inventore della difesa Russa (detta anche difesa Petrov). Petrov ha scritto uno dei primi manuali di scacchi in Russia, “Il gioco degli scacchi, studiato in maniera sistematica, con l’aggiunta di partite di Philidor con annotazioni”. Il libro, uscito in cinque volumi, è rimasto un testo di riferimento importante per oltre un secolo, tanto che Pushkin ne aveva due copie nella sua biblioteca, inclusa una con la firma dell’autore (sembra che Pushkin avesse comprato una copia prima che Petrov gliene regalasse una autografata).

C’è da notare che molti maestri non erano di etnia russa, questo perché l’impero russo fu costruito con conquiste ed acquisizioni, e dal XVIIII secolo iniziò ad inglobare a sé centinaia di diverse nazioni ed etnie. Un esempio ne è Carl Jänisch, avversario di Petrov nonché brillante teorico della materia, nato in Finlandia e di cultura tedesca. Alcuni dei più forti giocatori russi della seconda metà del XVIIII secolo quindi, non erano propriamente russi, incluso Szymon Winawer, ebreo polacco, e Emanuel Schiffers, di origini tedesche i cui genitori emigrarono dalla Prussia.

Szymon Winawer in particolare, è stato il primo giocatore dell’impero russo a farsi notare nell’ambiente scacchistico internazionale. La storia narra che fu invitato a giocare nel 1867 Paris Tournament: quando entrò nel Café de la Régence per alcune partite amichevoli impressionò tutti con il suo gioco. Il suo risultato nel primo torneo internazionale fu sensazionale, secondo posto con 19 punti su 24, un punto avanti a Wilhelm Steinitz. Winawer comunque giocò pochi altri tornei e rimase quindi un amatore per il resto della sua vita. Ma l’onore di essere il primo russo a competere per il campionato mondiale va a Mikhail Chigorin, dodici anni più giovane di Winawer.

I punti salienti della carriera di Chigorin includono 4 match con i migliori giocatori del tempo: 2 mondiali persi con Wilhelm Steinitz (nel 1889 e nel 1891/92) e altri 2 pareggiati con lo stesso punteggio (+9 -9, cambia solo il numero delle patte) con Isidor Gunsberg ( nel 1889/90) e con Siegbert Tarrasch ( nel 1893).

 Probabilmente, una delle ragioni principali del perchè Chigorin non sia così popolare oggi riguarda la sua massiccia considerazione nei primi anni dell’Unione Sovietica. Non vi è dubbio che Chigorin fosse la figura dominante ed il vero padre fondatore degli scacchi russi, ma ad un certo punto, i giocatori russi erano quasi sottomessi a Chigorin. Dal 1920 fino alla fine degli anni ’50 Chigorin era per gli scacchi sovietici quello che Vladimir Lenin era per l’Unione Sovietica: un’infallibile autorità, la risposta a tutte le domande. Ogni volta che un giocatore sovietico vinceva era perchè aveva giocato “alla Chigorin”– Ogni volta che invece commetteva errori, era perché aveva seguito la “dottrina di Tarrasch”, che è sempre stato dipinto come l’opposto di Chigorin. L’ammirazione per Chigorin cominciò a calare solo dopo la morte di Stalin nel 1953 ed il seguente “Khrushchev Thaw”, che ridusse le politiche più repressive dell’Unione Sovietica. Gradualmente, l’attenzione degli scacchisti sovietici passò da Chigorin al suo successore, il primo campione del mondo russo, Alexander Alekhine.

Alekhine, nato a Mosca da una famiglia nobile e ricca, era ancora ragazzo quando gicò il suo primo torneo internazionale (Düsseldorf 1908) e divenne maestro nel 1909 vincendo il campionato russo amatoriale. La sua carriera scacchistica durò quattro decadi, con numerosi tornei e diversi match mondiali vinti. Ci sono diversi libri che discutono dell’eredità scacchistica lasciata da Alekhine; i suoi attacchi sono ancora oggi fonte di ispirazione per molti giocatori.

Il caso di Efim Bogolyubov, che avrebbe poi giocato due match mondiali, fu ancora più complesso. Nel 1914 Bogolyubov e qualche altro giocatore russo stavano giocando un torneo a Mannheim quando iniziò la prima Guerra mondiale. Furono internati per qualche mese e poi rilasciati. Poco dopo, Bogolyubov sposò una signora tedesca e si stabilì in Germania. Negli anni ’20 ritornò nell’ Unione Sovietica, vincendo facilmente due campionati nazionali (nel 1924 e nel 1925), ed il primo torneo internazionale di Mosca (davanti a Lasker, Capablanca, Marshall e altri forti giocatori). Quando gli fu però negato un visto per un torneo all’estero, Bogolyubov fece le valigie e ritornò in Germania. Le autorità sovietiche così, lo dichiararono traditore e fu quasi bandito dalla Russia.

E’ stato durante il torneo di Mosca del 1925 che il termine “Febbre scacchistica” fu coniato, dopo l’omonimo film muto basato sul torneo, e che vide anche la partecipazione di Capablanca. L’unione Sovietica stava infatti entrando nella fase della “Febbre scacchistica”, iniziata negli anni ’20 e che sarebbe poi arrivata sino ai giorni nostri. La persona che diede inizio al movimento scacchistico sovietico fu Alexander Ilyin-Genevsky, un maestro che sconfisse anche Capablanca nel torneo di Mosca nel ’25. Fatto ancora più importante però, è che era un bolscevico di alto rango che curava l’educazione militare nei primi anni ’20 e la sua decisione di includere gli scacchi nel programma di studio militare fu fondamentale per lo sviluppo del gioco. Nei vent’anni successivi, infatti, l’Unione Sovietica creò un sistema che l’avrebbe portata a dominare negli scacchi in concomitanza con lo studio di importanti strategie politiche. Era come una grande piramide: milioni di giocatori attivi alla base e Grandi Maestri al vertice. C’era un sostegno statale per tutti i livelli e questo fece sì che ci fossero circoli in tutta la nazione, da Mosca ai piccoli villaggi siberiani, nelle divisioni dell’esercito e nelle fabbriche. Oltre a questo, esisteva anche un sistema basato sulle “Case dei Pionieri”, che aiutava a sviluppare i giovani talenti. Finalmente, negli anni ’20 e ’30, si diffusero le pubblicazioni scacchistiche, prima in russo e poi nelle altre lingue nazionali e presero piede anche libri e riviste, come il giornale “64”, popolare ancora oggi, che trattavano esclusivamente la materia.

Nei primi anni l’enfasi era sul movimento scacchistico di massa, ma ovviamente l’attenzione era anche rivolta ai giocatori che avrebbero potuto competere ai più alti livelli. Ci sono voluti una decina di anni per vedere i primi risultati, ma l’investimento verrà ben ripagato. Se il primo torneo internazionale di Mosca nel 1925 era stato dominato dai maestri stranieri, il secondo torneo internazionale di Mosca, tenutosi dieci anni più tardi, vide la vittoria della nuova speranza degli scacchi sovietici: il ventenne Mikhail Botvinnik. Botvinnik divenne l’indiscusso leader degli scacchi sovietici, e nei 10-15 anni successivi avrebbe consolidato la sua posizione coma contendente al titolo mondiale. I suoi piani per un nuovo match con Alexander Alekhine fallirono quando il campione del mondo morì nel 1946, ma Botvinnik coronò comunque il suo sogno vincendo il torneo mondiale del 1948.

Botvinnik avrebbe poi perso il titolo due volte– con Vasily Smyslov nel 1957 e con Mikhail Tal nel 1960 – ma in entrambi i casi se lo riprese nei match di ritorno. Alla fine, il regno di Botvinnik durera’ per 15 anni, con due anni di pausa nel mezzo, tanto che la vittoria di Botvinnik inaugurò la così detta “era Dorata” degli scacchi sovietici. Per i 60 anni successivi, infatti, la corona mondiale sarebbe appartenuta a giocatori sovietici o russi, con una pausa di soli tre anni.

L’ottavo campione del mondo fu tale solo per un anno, eppure rimane ancora oggi una delle personalità scacchistiche più amate. La crescita di Mikhail Tal fu straordinaria. diventò Grande Maestro vincendo il campionato sovietico a soli 20 anni, e lo rivinse anche l’anno successivo. Questa vittoria lo qualifico all’ Interzonale del 1958, che vinse, e da qui al torneo dei Candidati del ’59, che vinse. Nel 1960 sconfisse Botvinnik nel campionato mondiale e divento così il più giovane campione del mondo nella storia. Ancora più importante però, fu il fatto che vinse con uno stile di gioco nuovo per l’epoca, che sembrava fuori da ogni logica. Le sue incredibili capacità combinative erano difficili da controllare per gli avversari. Nel match di ritorno Botvinnik riusì a fermare la corsa di Tal, ma non impedì ai milioni di fan degli scacchi in tutto il mondo di celebrare Mikhail Tal e la magia che ha apportato al gioco.  

La guerra fredda poi, come ben si sa, ha attraversato ogni aspetto socio-culturale del paese, ed è inevitabilmente passata anche tramite gli scacchi. Gli scacchi in Russia erano una sorta di sport nazionale, dove la pazienza e la concentrazione sembravano ben adattarsi ai ritmi più lenti, quasi pigri, della vita russa. Non si giocava a scacchi solo in club esclusivi, ma anche per strada, sotto le betulle spettinate dei cortili, sulle panchine dei bul’vary di Mosca e Pietroburgo, sotto le verande delle dacie, nelle piscine termali (scacchiere che galleggiano fumiganti), nel rito della sauna. Accanto ai pezzi non mancava mai il timer, schiacciato rigorosamente ad ogni mossa, E accanto ai giocatori una piccola folla che mormorava, competente. Le scacchiere troneggiano nelle case, in quelle case piccole e stracolme di oggetti, arricchivano bancarelle e negozi di antiquariato con le loro fogge sontuose e colorate, ed gli scacchi entrano anche in letteratura.

Nabokov, uno dei grandi della letteratura mondiale, ha descritto la vita a scacchi quando ancora pubblicava in lingua russa. Questo autore, famoso soprattutto per Lolita, ha dalla sua anche capolavori in russo, dove la cesura della Rivoluzione si anima nella vita dei primi emigranti (Nabokov era nato a Pietroburgo da una famiglia molto ricca e fuggì dalla Russia subito dopo la Rivoluzione).

Per molti anni sembrò che nessuno potesse interrompere il dominio sovietico negli scacchi, e solo nel 1963 Botvinnik fu sconfitto da Tigran Petrosian. Sei anni dopo Petrosian perse la corona, e divenne campione del mondo Boris Spassky. Fino ad allora gli scacchi erano considerati una delle attività in cui i sovietici eccellevano (insieme al ballo, hockey su ghiaccio e voli spaziali). Inevitabilmente, gli scacchi furono anche un mezzo di propaganda politica. Il successo dei giocatori di scacchi sovietici era dovuto, secondo la propaganda “all’ eccellente sistema comunista rispetto al capitalismo che era in putrefazione”.

Agli inizi del XX secolo gli scacchi passarono dall’essere un interessante gioco da tavolo ad essere un vero e proprio sport professionistico, che divenne in breve tempo terreno di scontri politici e strategie. Iniziarono infatti ad essere considerati alla stregua di altri efficaci strumenti nella guerra propagandistica, nella quale a volte le più drammatiche opposizioni si risolvevano non solo per mezzo di confronti fisici, ma anche e soprattutto con l’aiuto delle risorse cognitive. Anche se, c’è da specificare che la vera e propria politicizzazione e ideologizzazione degli scacchi ebbe inizio con l’entrata nel movimento degli scacchi sovietico di Nikolaj Vasil’evič Krylenko, una delle più importanti personalità della leadership politica dell’URSS. Durante il trionfale Congresso di scacchi dell’Unione Sovietica del 1924, Krylenko dichiarò di considerare “l’arte degli scacchi un’arma politica”.

A ogni modo, il braccio di ferro nel mondo degli scacchi durante la Guerra fredda e soprattutto lungo l’ultimo periodo, aveva un carattere estremamente pungente e di primaria importanza. A partire dagli anni ’50 del XX secolo, l’URSS iniziò a imporsi come la principale e unica superpotenza mondiale negli scacchi. Nel 1967, il campione sovietico nella categoria juniores Andrej Lukin venne privato della possibilità di partecipare al Campionato mondiale giovanile a Gerusalemme dopo che, al termine della Guerra dei sei giorni, l’URSS aveva interrotto ogni rapporto diplomatico con Israele.

Nel 1976 vi fu un secondo boicottaggio in un torneo ufficiale della Federazione Internazionale, quando a Haifa si sarebbero dovute svolgere le Olimpiadi internazionali degli scacchi. I rappresentanti degli Stati arabi decisero di svolgere in Libia una propria competizione organizzata da Mu’ammar Gheddafi, che non prevedeva la partecipazione dell’URSS.

Data questa pressione, uno può ben immaginare lo shock quando nel 1972 Spassky perse il match mondiale con Robert James Fischer – un americano per giunta – che infierì un duro colpo al sistema sovietico. Si pensi che il famoso poeta e cantante sovietico, Vladimir Vysotsky, reagì a questa calamità scrivendo la sua famosa canzone, “L’ onore della corona scacchistica”, interpretata come parodia del match.

Ancora oggi, la partita tra Fischer e Spasskij è considerata il miglior incontro di scacchi della storia.

Fortunatamente per i sovietici tre anni dopo, il ventiquattrenne Anatoly Karpov vinse i match dei Candidati, sconfiggendo Lev Polugaevsky, Boris Spassky e Viktor Korchnoi, qualificandosi per il match mondiale con Fischer. Purtroppo, questo match non fu mai giocato. Fischer si rifiutò e smise praticamente di giocare a scacchi. Nel 1975 Karpov fu dichiarato campione mondiale e dimostrò la sua superiorità sugli altri giocatori vincendo una serie incredibile di tornei nella fine degli anni ’70.

Un test difficile lo attendeva però nel match mondiale del 1978 in qui avrebbe dovuto sfidare Viktor Korchnoi. Korchnoi aveva forti motivazioni ed una grande sete di rivincita: pochi anni prima infatti, disertò dall’ Unione Sovietica lasciando la sua famiglia e sacrificando tutto per diventare campione del mondo.

Nel match a Baguio (nelle Filippine), che fu giocato al meglio delle 6 vittorie, lasciò tutti col fiato sospeso, ma alla fine Karpovriusci’ vinse una drammatica 32esima partita e mantenne il titolo con un punteggio di +6 -5 =21. Un secondo match con Korchnoi invece, svoltosi nel 1982, fu vinto più facilmente da Karpov; +6-2=10.

Nel 1984 Karpov si trovò di fronte uno sfidante più giovane di lui: Garry Kasparov, che a soli 21 anni era già una promettente stella degli scacchi. Era infatti solo l’inizio di una incredibile rivalità che non rivedremo probabilmente mai più. Nel corso dei successivi anni Karpov e Kasparov giocarono cinque campionati mondiali, tutti decisi per pochi punti. Ma la sfida Karpov-Kasparov andava oltre gli scacchi: in qualche maniera Karpov e Kasparov impersonificavano differenti correnti politiche del tempo. Karpov rappresentava il Sistema (oppure si potrebbe dire i conservatori), mentre Kasparov rappresentava il Cambiamento (oppure i liberali). Per questo motivo tutti nell’ Unione Sovietica – anche quelli che non sapevano distinguere una torre da un cavallo – tifavano per Karpov o Kasparov. Era una faccenda personale per tutti quanti.

Kasparov alla fine prevalse. Non perse un singolo match nella serie, nonostante fosse in svantaggio -3 +5 =40 nel primo quando fu abbandonato da Karpov con ancora una vittoria per chiudere i conti. Kasparov vinse 3 match sul filo del rasoio e pareggiò il più drammatico di tutti, Siviglia 1987, vincendo l’ultima partita “on demand”.

Karpov ha avuto un ultimo sussulto a Linares 1994, dominando questo super-torneo con 11/13 arrivando primo con 2.5 punti in più di Kasparov e Shirov. Nel complesso, comunque, gli anni ’90 furono gli anni di Kasparov, che vinse la maggior parte dei tornei a cui e raggiunse un record di rating di 2851 (oggi superato) nel luglio del ’99.

Quando l’Unione Sovietica crollò nel 1991, fu un incredibile shock per i suoi 300 milioni di abitanti e rispetto agli scacchi, la caduta ebbe conseguenze inaspettate. Chi avrebbe potuto prevedere all’inizio delle Olimpiadi scacchistiche del 1992 che l’Uzbekistan avrebbe vinto una medaglia d’argento, o che l’Armenia sarebbe arrivata terza? Erano solo i primi segni dei cambiamenti che stavano per arrivare. Con la caduta della cortina di ferro, infatti, i giocatori dell’ex Unione Sovietica fuggirono all’estero. Erano forti, affamati (letteralmente in alcuni casi), e per un’altra decade continuarono a dominare il mondo scacchistico. Oltretutto, la Russia continuò a produrre nuovi talenti: alle olimpiadi del 1992 il team russo schierava un giovane che aveva appena compiuto 17 anni; Vladimir Kramnik, che ebbe un punteggio di 8 punti e mezzo su 9 risultò fin da subito una grande promessa. Due anni dopo, alle Olimpiadi di Mosca del 1994, Kramnik giocava già in seconda scacchiera, dietro solo a Kasparov.

Dal 2004 però la Russia non è più riuscita a vincere un oro, nonostante fosse sempre favorita sulla carta; a ogni modo gli scacchi russi vanno indubbiamente avanti ed ogni 20 luglio ne celebrano la giornata nazionale.

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Pubblicato da ColoRussia

"La Russia non si può capire con la mente, né la si misura col metro comune: la Russia è fatta a modo proprio, in essa si può soltanto credere". Tutto ciò che c'è da sapere sulla Russia a portata di click: Lingua e traduzione Storia Cultura, società e curiosità

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